Bicycle Tune, è la definizione popolare di un pezzo di J. Renbourn che da decenni mi accompagna nella sua palindromia strutturale e con la sua armonia ciclica che rassicura la mente.
E' una melodia che mi ricorda i tempi in cui a Torino, a percorrere la città, di volta in volta assolata, nebbiosa o ghiacciata, c'eravamo pochi altri ed io: senza il barlume di una idea che ipotizzasse l'utopia di una pista protettiva, su una bici cinese (18 kg di strumento) color verde peperoncino, la cui pedalata cantava come una vihuela o un liuto attorno a un'accordatura leggermente irregolare (EADF#BE) che, a ogni tocco, impreziosiva l'andamento progressivo dell'avventura urbana e del ritorno a casa.
Ho ritrovato recentemente, quasi identiche certezze rivitalizzanti in un docufilm che racconta i cicli della vita e dello strumento ingegnoso che è la bicicletta.
Ora che ho sostituito la pedalata con l'arpeggio, spesso a occhi chiusi mi succede di provare le stesse sensazioni, della corsa e del vento, dell'impresa e del riposo.
Che invenzione, la chitarra...
Life Cycles, 2010
Canada, 47'
Derek Frankowski, Ryan Gibb
Più che un documentario, quasi un inno all'armonia tra macchina e natura, Life Cycles è la storia di una “pista”, metafora di ogni esistenza: quella dell'uomo e degli strumenti che esso crea per superare ogni limite, quella delle strade e dei percorsi intrapresi, quella degli scenari vitali che tutto comprendono e restituiscono emozioni ad ogni ritorno di stagione.
Girato in Canada, in Giappone, in
Islanda e negli Stati Uniti, Life Cycles è la rappresentazione dei cicli
vitali che caratterizzano l'universo degli appassionati di mountain
bike. A dar forma a un'opera dai contenuti assoluti che vanno oltre la
descrizione di una semplice impresa sportiva, intervengono le immagini
filmate da Derek Frankowski, fotografo canadese e ora filmmaker, e di Ryan Gibb regista e sportivo innamorato degli spazi aperti; e il racconto scritto da Mitchell Scott, a cui dà voce Graham Tracey è parte essenziale di un film che tratta l'intero spettro dell'esistenza.
Life Cycles narra una storia di stagioni e di condizioni atmosferiche e insieme descrive la vita della bicicletta – l'invenzione più nobile – dalla fusione dei metalli che la compongono al cedimento delle sue parti meccaniche al culmine della performance nel cuore della natura. E intanto che le storie si intrecciano a costruire un'unica trama, il documentario riproduce i passaggi che disegnano la pista, il sentiero montano, la direzione che delinea il destino dell'uomo e del biker.
Le parole semplici e intense che punteggiano il lavoro di Frankowski e Gibb suggeriscono quanto siano necessarie connessioni profonde con la natura, per dar senso reale alla vita e per superare serenamente quella rabbia contro la macchina che contamina di pregiudizi l'inventiva e il progresso degli esseri umani. Perché sì, l'uomo nella sua voglia di crescita è capace di distruggere gli equilibri di interi sistemi ma è altrettanto vero che produce atti stupefacenti quando, per istinto o per curiosità, per bisogno di sopravvivenza o per ambizione, supera il caos del mondo e permette alla forza della creazione di prevalere sugli impulsi distruttivi.
La narrazione, sottofondo quasi
impercettibile alle spettacolari riprese che catturano l'essenza della
montagna e inducono nello spettatore la sensazione della corsa, procede
su diversi piani ed è applicabile sia alla vita di un uomo che al ciclo
di una mountain bike, sia al formarsi del sentiero nella foresta che
all'evolversi delle stagioni. Le riflessioni possono infatti riferirsi
con la medesima efficacia ad ogni aspetto della storia e, se si chiudono
gli occhi - come quando si ascoltavano le favole dei nostri nonni – o
se per qualche momento si distoglie lo sguardo dalle immagini, allora ci
si rende conto che i termini possono adattarsi ad ogni situazione e, in
uno stesso istante, ci si ritrova a pensare che si è nell'atto di
forgiare i singoli pezzi di una bicicletta, o che si sta progettando la
pista da percorrere, o che si è già in corsa e si è nel punto in cui
interviene l'urgenza di spingere sui pedali e di reagire alle
sollecitazioni imposte dal terreno alla meccanica del mezzo e al corpo
del biker.Life Cycles narra una storia di stagioni e di condizioni atmosferiche e insieme descrive la vita della bicicletta – l'invenzione più nobile – dalla fusione dei metalli che la compongono al cedimento delle sue parti meccaniche al culmine della performance nel cuore della natura. E intanto che le storie si intrecciano a costruire un'unica trama, il documentario riproduce i passaggi che disegnano la pista, il sentiero montano, la direzione che delinea il destino dell'uomo e del biker.
Le parole semplici e intense che punteggiano il lavoro di Frankowski e Gibb suggeriscono quanto siano necessarie connessioni profonde con la natura, per dar senso reale alla vita e per superare serenamente quella rabbia contro la macchina che contamina di pregiudizi l'inventiva e il progresso degli esseri umani. Perché sì, l'uomo nella sua voglia di crescita è capace di distruggere gli equilibri di interi sistemi ma è altrettanto vero che produce atti stupefacenti quando, per istinto o per curiosità, per bisogno di sopravvivenza o per ambizione, supera il caos del mondo e permette alla forza della creazione di prevalere sugli impulsi distruttivi.
E' così che l'equazione sensoriale proposta in Life Cycles, offre soluzioni che lasciano intuire la consapevolezza dell'appartenenza a un tutto che completa e che rende speciali quando la coscienza intenzionale del vivere risulta palpabile nei balzi e negli scarti irragionevoli, intanto che le musiche della colonna sonora cadenzano la magia della corsa, durante la leggerezza del volo o nella sorpresa improvvisa delle curve e degli impatti inattesi. In giorni nei quali è complicato mantenere la sensazione del mistero intorno a noi, quella percezione che porta in sè il desiderio tutto umano di svelare ogni segreto in un processo cognitivo che si ripeta senza fine, risulta spesso difficile accorgersi della bellezza e delle opportunità che offre la grande avventura della vita. Ed è perciò che risulta benvenuto, in un'era che rischia di spegnere ogni anelito vitale, il messaggio esplicito contenuto in Life Cycles, l'invito a partecipare a una sorta di addomesticamento del tempo nel rispetto dei ritmi naturali, affinchè di nuovo e continuamente, si possa gustare il sapore dei desideri umani, secondo lo spirito del mountain biking.
Life Cycles: Review written by Hugo Beaumont; originally published on Source 1 and Source 2
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