Life Cycles, 2010
Canada, 47'
Regia: Derek Frankowski, Ryan Gibb
Produzione: Stance Films
Inno all'armonia tra macchina e natura, Life Cycles è la storia della “pista” come metafora di ogni esistenza: quella dell'uomo e degli strumenti costruiti per superare ogni limite, quella delle strade e dei percorsi intrapresi, quella degli scenari vitali che rinnovano emozioni ad ogni ritorno di stagione.
Girato in Canada, in Giappone, in Islanda e negli Stati Uniti, Life Cycles è la rappresentazione dei cicli vitali che caratterizzano l'universo degli appassionati di mountain bike. A dar forma a un'opera dai contenuti assoluti che vanno oltre la descrizione di una semplice impresa sportiva, intervengono le immagini filmate da Derek Frankowski, fotografo canadese e ora filmmaker, e di Ryan Gibb regista e sportivo innamorato degli spazi aperti; e il racconto scritto da Mitchell Scott, a cui dà voce Graham Tracey è parte essenziale di un film che tratta l'intero spettro dell'esistenza.
Life Cycles narra una storia di stagioni e di condizioni atmosferiche e insieme descrive la vita della bicicletta – l'invenzione più nobile – dalla fusione dei metalli che la compongono al cedimento delle sue parti meccaniche al culmine della performance nel cuore della natura. E intanto che le storie si intrecciano a costruire un'unica trama, il documentario riproduce i passaggi che disegnano la pista, il sentiero montano, la direzione che delinea il destino dell'uomo e del biker.
Le parole semplici e intense che punteggiano il lavoro di Frankowski e Gibb suggeriscono quanto siano necessarie connessioni profonde con la natura, per dar senso reale alla vita e per superare serenamente quella rabbia contro la macchina che contamina di pregiudizi l'inventiva e il progresso degli esseri umani. Perché si, l'uomo nella sua voglia di crescita è capace di distruggere gli equilibri di interi sistemi ma è altrettanto vero che produce atti stupefacenti quando, per istinto o per curiosità, per bisogno di sopravvivenza o per ambizione, supera il caos del mondo e permette alla forza della creazione di prevalere sugli impulsi distruttivi.
Canada, 47'
Regia: Derek Frankowski, Ryan Gibb
Produzione: Stance Films
Inno all'armonia tra macchina e natura, Life Cycles è la storia della “pista” come metafora di ogni esistenza: quella dell'uomo e degli strumenti costruiti per superare ogni limite, quella delle strade e dei percorsi intrapresi, quella degli scenari vitali che rinnovano emozioni ad ogni ritorno di stagione.
Girato in Canada, in Giappone, in Islanda e negli Stati Uniti, Life Cycles è la rappresentazione dei cicli vitali che caratterizzano l'universo degli appassionati di mountain bike. A dar forma a un'opera dai contenuti assoluti che vanno oltre la descrizione di una semplice impresa sportiva, intervengono le immagini filmate da Derek Frankowski, fotografo canadese e ora filmmaker, e di Ryan Gibb regista e sportivo innamorato degli spazi aperti; e il racconto scritto da Mitchell Scott, a cui dà voce Graham Tracey è parte essenziale di un film che tratta l'intero spettro dell'esistenza.
Life Cycles narra una storia di stagioni e di condizioni atmosferiche e insieme descrive la vita della bicicletta – l'invenzione più nobile – dalla fusione dei metalli che la compongono al cedimento delle sue parti meccaniche al culmine della performance nel cuore della natura. E intanto che le storie si intrecciano a costruire un'unica trama, il documentario riproduce i passaggi che disegnano la pista, il sentiero montano, la direzione che delinea il destino dell'uomo e del biker.
Le parole semplici e intense che punteggiano il lavoro di Frankowski e Gibb suggeriscono quanto siano necessarie connessioni profonde con la natura, per dar senso reale alla vita e per superare serenamente quella rabbia contro la macchina che contamina di pregiudizi l'inventiva e il progresso degli esseri umani. Perché si, l'uomo nella sua voglia di crescita è capace di distruggere gli equilibri di interi sistemi ma è altrettanto vero che produce atti stupefacenti quando, per istinto o per curiosità, per bisogno di sopravvivenza o per ambizione, supera il caos del mondo e permette alla forza della creazione di prevalere sugli impulsi distruttivi.
La narrazione, sottofondo quasi
impercettibile alle spettacolari riprese che catturano l'essenza della
montagna e inducono nello spettatore la sensazione della corsa, procede
su diversi piani ed è applicabile sia alla vita di un uomo che al ciclo
di una mountain bike, sia al formarsi del sentiero nella foresta che
all'evolversi delle stagioni. Le riflessioni possono infatti riferirsi
con la medesima efficacia ad ogni aspetto della storia e, se si chiudono
gli occhi - come quando si ascoltavano le favole dei nostri nonni – o
se per qualche momento si distoglie lo sguardo dalle immagini, allora ci
si rende conto che i termini possono adattarsi ad ogni situazione e, in
uno stesso istante, ci si ritrova a pensare che si è nell'atto di
forgiare i singoli pezzi di una bicicletta, o che si sta progettando la
pista da percorrere, o che si è già in corsa e si è nel punto in cui
interviene l'urgenza di spingere sui pedali e di reagire alle
sollecitazioni imposte dal terreno alla meccanica del mezzo e al corpo
del biker.
E' così che l'equazione sensoriale proposta in Life Cycles, offre soluzioni che lasciano intuire la consapevolezza dell'appartenenza a un tutto che completa e che rende speciali quando la coscienza intenzionale del vivere risulta palpabile nei balzi e negli scarti irragionevoli, intanto che le musiche della colonna sonora cadenzano la magia della corsa, durante la leggerezza del volo o nella sorpresa improvvisa delle curve e degli impatti inattesi.
E' così che l'equazione sensoriale proposta in Life Cycles, offre soluzioni che lasciano intuire la consapevolezza dell'appartenenza a un tutto che completa e che rende speciali quando la coscienza intenzionale del vivere risulta palpabile nei balzi e negli scarti irragionevoli, intanto che le musiche della colonna sonora cadenzano la magia della corsa, durante la leggerezza del volo o nella sorpresa improvvisa delle curve e degli impatti inattesi.
In giorni nei quali è complicato mantenere la sensazione del mistero
intorno a noi, quella percezione che porta in sè il desiderio tutto
umano di svelare ogni segreto in un processo cognitivo che si ripeta
senza fine, risulta spesso difficile accorgersi della bellezza e delle
opportunità che offre la grande avventura della vita. Ed è perciò che
risulta benvenuto, in un'era che rischia di spegnere ogni anelito
vitale, il messaggio esplicito contenuto in Life Cycles, l'invito a
partecipare a una sorta di addomesticamento del tempo nel rispetto dei
ritmi naturali, affinchè di nuovo e continuamente, si possa gustare il
sapore dei desideri umani, secondo lo spirito del mountain biking.
E' un articolo scritto da Pierangelo Cardìa (Hugo Beaumont, Dastra) originariamente pubblicato nella sua interezza su fonte.
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