La Folie des Hommes:
Vajont 50 anni dopo, per chi vuole ricordare.
Un articolo incentrato sulla recensione di un film di Renzo Martinelli (2001).
Immagine tratta da Fonte |
Vajont è il nome dell’affluente del Piave che
scorre nella valle di Erto e Casso, sopra Longarone e Castellavazzo,
nella provincia di Belluno. La costruzione della diga più alta del
mondo, elemento centrale del progetto denominato Grande Vajont, in
quella porzione di territorio al confine tra il Veneto e il Friuli
Venezia Giulia, avrebbe dovuto rappresentare una riserva inesauribile di
acqua in un periodo in cui, negli anni 50, l’energia idroelettrica era
considerata la risorsa più importante, il cuore di tutto un sistema il
cui scopo era lo sviluppo di un Paese povero di risorse ma ricco di
"energia".
Il progetto ebbe le sue origini ideali verso la fine degli
anni venti (il primo vero Progetto è del 1940) e la crescente richiesta
di energia elettrica, necessaria alla rinascita nazionale dopo la grande
guerra, creò le condizioni che portarono a concepire la diga del
Vajont, costruita tra il 1957 e il 1963. Una diga alta oltre 260 metri,
che avrebbe permesso di creare un serbatoio di 150 milioni di metri cubi
d’acqua, per un regolare funzionamento delle centrali idroelettriche
durante tutto l’anno, anche nei periodi di siccità. Ma quella che era
un’impresa dalla portata straordinaria, fondata sulle visioni di
grandezza dei responsabili della SADE, società elettrica privata fondata
a Venezia all'inizio del secolo scorso, verrà ricordata per sempre come
la causa di uno dei disastri più gravi che abbiano toccato l'Italia dal
dopoguerra ai giorni nostri.
Alle
ore 22,39 del 9 ottobre 1963 si compie l'ultimo atto di una tragedia
annunciata. Una frana gigantesca si stacca dal Monte Toc per riversarsi
dentro l’invaso a monte della diga del Vajont, producendo un'onda che
cancella, in pochi attimi, un intero territorio e migliaia di vite
umane.
Vajont - la Diga del Disonore, film del 2001 di produzione
italo-francese diretto dal regista Renzo Martinelli, è un resoconto
dettagliato delle vicende che conducono al disastro.
Il film di Renzo
Martinelli racconta con precisione pressocchè perfetta il susseguirsi di
eventi e situazioni che si verificarono, dall'inizio effettivo dei
lavori ai momenti in cui venne a compiersi l'atto finale della tragedia.
Il regista in questa sua opera, oltre a riportare fatti che trovano
corrispondenza nella realtà dell'epoca, riesce a descrivere i diversi
stati d'animo, gli interessi e le passioni dei vari personaggi che
popolano la vicenda del Vajont. La tenacia della giornalista dell'Unità,
Tina Merlìn, già staffetta partigiana in quella regione, è
l'espressione ragionata della sfiducia nei confronti delle istituzioni
che, nel nome del potere e del prestigio, favoriscono i privilegiati
penalizzando la gente comune, quell'Italia contadina che non serve più a
nessuno, come la chiama Marco Paolini nel suo monologo Vajont,
un'orazione civile; la follia degli uomini (La Folie des Hommes è il
titolo della versione francese del lungometraggio) è ben rappresentata
dai potenti che sono convinti che è il loro mondo, quello dell'Impresa e
dei profitti, che non deve crollare e poco importa se sulle loro
responsabilità incombe senza possibilità di controllo una paleofrana
dalla portata gigantesca; e l'impotenza e la rassegnazione della
comunità, il suo senso del dovere e della perdita sono i sentimenti ben
rappresentati dall'unico personaggio inventato del film, Olmo Montaner,
il geometra che lavora sulla diga fianco a fianco con gli operai.
Lo
scopo del film è puramente descrittivo: è un'opera destinata a
rinnovare le memoria. Il giudizio sugli uomini e sulle cose è implicito e
non ha bisogno di spettacolarizzazioni cinematografiche, perchè la sua
evidenza è scolpita ancora oggi nella Valle del Vajont. La diga quasi
intatta piantata come un coltello tra le montagne, di quel giudizio, ne è
il monumento.
Nota 1
Riporto qui a scopo informativo un articolo da me scritto per Fonte il 4 maggio 2011.
Per non dimenticare.
Nota 2
Le analogie con vicende che riguardano il presente del Pianeta sono evidenti ma vanno menzionate.
Tre luoghi emblematici nella miriade di territori minacciati dalla folie des hommes:
Xingu
Valsusa
Patagonia
Pierangelo Cardìa (AKA Hugo Beaumont, blogger e chitarrista) per DASTRA.
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