Friday, March 22, 2013

DASTRA Geornalism - Collapse 2009 - recensione

Cinema - Study Guides: Collapse, a review
Collapse - 2009
USA
Chris Smith
 
Collapse è una testimonianza profonda e scomodissima che riduce a semplice colore disneyano altre troppo convenientemente condivise verità apparenti.

Film intervista diretto da Chris Smith, Collapse propone una serie di previsioni sulle conseguenze del collasso della civiltà del petrolio. Nel corso di un lungo monologo, punteggiato dalle domande del regista, il protagonista Michael Ruppert dà qui drammaticamente forma alle scomode verità a cui accennava appena, è il caso di dirlo, il documentario di Al Gore.

E' il marzo del 2009 e, a proposito di una ricerca sul coinvolgimento della CIA nel traffico di droga degli anni ottanta, il cineasta Chris Smith contatta Michael Ruppert come testimone di quegli avvenimenti. Ma il motivo originale dell'intervista è solo lo spunto che offrirà a Ruppert la possibilità di descrivere scenari più ampi e sinistri che riguardano il declino inarrestabile della nostra civiltà negli anni della crisi energetica ed economica mondiale.
Chi è Michael? Saperlo è necessario al riconoscimento della fondatezza delle sue opinioni.
Il senso di lealtà ereditato dai suoi genitori è uno dei tratti essenziali che contraddistinguono il suo carattere e il suo retaggio è dovuto al profondo legame della sua famiglia con le istituzioni statunitensi. Il suo destino professionale sembra segnato e, sorretto dal sentimento naif per il quale sente di poter cambiare il sistema dall'interno, decide di essere poliziotto a Los Angeles. Nel momento in cui la CIA lo recluta per partecipare ad operazioni poco chiare, si scopre tradito, dal punto professionale e affettivo ed è in quel frangente che comprende  quanto siano differenti tra loro la realtà vera e il racconto che di essa distribuiscono i media. Così, vittima di minacce ricorrenti, decide di pensare a salvare la propria pelle, rendendo pubbliche le informazioni di cui è in possesso.
Non è un sentimento di rivalsa che lo anima, ma è il puro senso della logica a sostenere le sue convinzioni. I segnali che lo spingono controcorrente si diversificano e si amplificano intanto che le fluttuazioni anomale del prezzo dell'oro, insieme con gli sviluppi geopolitici e l'andamento degli eventi economici, intervengono direttamente nella velocità con la quale interi sistemi si stanno disgregando.

Nel 2001, quando viene contattato da un geologo di nome Dale Allen Pfeiffer, che lo introduce al concetto di peak oil (il picco del petrolio secondo l'evoluzione temporale della produzione di limitate risorse minerali o fossili), incomincia a focalizzare la sua attenzione sulle questioni relative all'energia. Questo diventa l'impegno più importante della sua vita, insieme con la passione per la musica e per le passeggiate lungo la spiaggia con il suo cane Rags.
I punti essenziali in cui si concentrano le attenzioni di Ruppert, quei punti che è necessario collegare l'uno all'altro per comprendere il rompicapo energetico, sono le posizioni che identificano una mappa ideale della crisi globale della nostra società: il petrolio e il controllo sistematizzato dei luoghi geografici dove sono collocati, o si suppone e si pretende sussistano, gli ultimi giacimenti rimasti, sono fra gli elementi che definiscono il significato di peak oil come circostanza tecnica ed economica che indica che si è arrivati ad usare la metà dell'intera risorsa e che ormai nessun tipo di investimento può evitarne l'esaurimento.

Michael Ruppert sottolinea anche i paradossi che il collasso energetico rende tristemente inevitabili: l'uso spropositato di energia per accedere a nuove risorse; il casus belli inventato a bella posta per giustificare l'invasione arbitraria di aree proprietarie di residui giacimenti di petrolio; la tendenza incredibile di compagnie petrolifere e di organismi, o società, o gruppi, quei serbatoi di pensiero che si occupano di analisi delle politiche pubbliche, a tifare perché le calotte polari si sciolgano così che venga semplificato l'accesso ai giacimenti fossili nelle regioni artiche...
Ma il paradosso essenziale è identificabile nella corrispondenza del relativo benessere nel Pianeta con l'uso del petrolio e dei suoi derivati, quando il bisogno globale di crescita infinita collide innegabilmente con una disponibilità finita, di energia e di risorse.

La crisi energetica ampiamente preannunciata negli ultimi decenni del XX secolo, afferma Ruppert, potrebbe portare al collasso della nostra civiltà entro i prossimi 35 anni. Non si tratta di profezie esoteriche. Oltre agli innegabili fatti che si susseguono a ritmo incalzante, sono i calcoli matematici e le scienze, come già dimostrava Marion King Hubbert con le sue teorie sul peak oil, a comprovare le previsioni del recente passato.

Sollecitato da Chris Smith, Michael Ruppert introduce un'analisi sintetica ma incisiva delle opzioni sostitutive dello status quo. In modo sicuro definisce l'appello all'uso dell'etanolo come una barzelletta ricorrente che nega i principi dell'Energia Netta per l'Accrescimento (Net Energy for Gain – Neg) e esaspera lo sfruttamento insensato del suolo. Allo stesso modo considera il ricorso all'estrazione delle sabbie bituminose, la cui lavorazione ha un impatto devastante sull'ecosistema. L'elettricità stessa non può venir considerata come fonte di energia a sé stante, generata com'è dall'uso di altri tipi di energia.

Interrogato sulla scelta di ulteriori possibili alternative, Ruppert ancora più nettamente esprime il suo giudizio ostile sul consumo del cosiddetto carbone pulito, sul miraggio dell'energia nucleare o di quella ricavabile dalla potenza delle maree. Solo due tipi di energia alternativa offrirebbero un impatto e dei benefici immediati: l'energia solare e quella eolica, anche se persistono decisive difficoltà nell'esportazione di tali forme di energia poiché, al momento attuale, hanno valore essenzialmente a livello locale, là dove l'energia viene prodotta.

Vista la situazione generale, Ruppert non esita ad invitare le persone a investire eventualmente in beni di valore reale come l'oro ma, più decisamente, consiglia la preparazione di scorte di semenze che, nel momento in cui le valute non saranno che cartaccia o metalli infimi, potranno dare frutti anche come moneta di scambio.

E' un cambio di paradigma radicale quello che invoca Ruppert, citando il pensiero del Presidente Roosevelt. A ogni generazione deve corrispondere una rivoluzione. Una tale rivoluzione deve aver luogo nell'anima e nella mente di ognuno di noi.

Collegamenti di interesse:

CollapseMovie, sito ufficiale

From the Wilderness, a cura di Michael C. Ruppert
Nota A: il presente geoarticolo scritto e composto nelle sue varie forma da DASTRA e Hugo Beaumont (uno e due)
Nota B: originally published on Source
Nota C: from Filmsforaction

Americans generally like to hear good news. They like to believe that a new president will right old wrongs, that clean energy will replace dirty oil and that fresh thinking will set the economy straight. American pundits tend to restrain their pessimism and hope for the best. But is anyone prepared for the worst?
Meet Michael Ruppert, a different kind of American. A former Los Angeles police officer turned independent reporter, he predicted the current financial crisis in his self-published newsletter, From the Wilderness, at a time when most Wall Street and Washington analysts were still in denial. Director Chris Smith has shown an affinity for outsiders in films like American Movie and The Yes Men. In Collapse, he departs stylistically from his past documentaries by interviewing Ruppert in a format that recalls the work of Errol Morris and Spalding Gray.
Sitting in a room that looks like a bunker, Ruppert recounts his career as a radical thinker and spells out the crises he sees ahead. He draws upon the same news reports and data available to any Internet user, but he applies a unique interpretation. He is especially passionate about the issue of peak oil, the concern raised by scientists since the seventies that the world will eventually run out of fossil fuel. While other experts debate this issue in measured tones, Ruppert doesn't hold back at sounding an alarm, portraying an apocalyptic future. Listening to his rapid flow of opinions, the viewer is likely to question some of the rhetoric as paranoid or deluded, and to sway back and forth on what to make of the extremism. Smith lets viewers form their own judgments.
Collapse also serves as a portrait of a loner. Over the years, Ruppert has stood up for what he believes in despite fierce opposition. He candidly describes the sacrifices and motivators in his life. While other observers analyze details of the economic crisis, Ruppert views it as symptomatic of nothing less than the collapse of industrial civilization itself.
Thom Powers, Toronto International Film Festival
Follow Mike's work at http://www.collapsenet.com/
 
 

Source DASTRA

No comments:

Post a Comment